Agnelli divenne presidente della Fiat nel 1966. Aprì fabbriche in molti luoghi, tra cui la Russia (all’epoca Unione Sovietica) e il Sud America, e avviò alleanze internazionali e joint-venture (come Iveco), che segnarono una nuova mentalità industriale. Negli anni ’70, durante la crisi petrolifera internazionale, vendette parte dell’azienda alla Lafico, una società libica di proprietà del colonnello Gheddafi; Agnelli riacquisterà però in seguito queste azioni.
I suoi rapporti con la sinistra, in particolare con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer, furono l’essenza dei rapporti tra forze di lavoro e industria italiana. I conflitti sociali legati alla politica (alcuni dicono alla politica) della Fiat hanno sempre visto Agnelli mantenere un ruolo di primo piano; negli anni ’80, durante l’ultima importante azione sindacale, una situazione drammatica in cui uno sciopero bloccava tutta la produzione della Fiat, riuscì ad organizzare la marcia di 40.000 lavoratori che ruppero i picchetti e rientrarono nelle fabbriche. Questo segnò il tramonto del potere dei sindacati, che fino ad oggi non hanno recuperato la loro influenza sulla politica e sull’economia italiana. Negli anni ’70, la Fiat e i suoi dirigenti furono attaccati, soprattutto dalle Brigate Rosse, da Prima Linea e dai NAP. Diverse persone che lavoravano per il gruppo furono uccise, e i sindacati furono inizialmente sospettati di nascondere alcuni degli attentatori nelle loro organizzazioni, anche se gli stessi terroristi presero poi di mira sindacalisti come Guido Rossa. La politica di Agnelli e le vicende della Fiat negli anni settanta furono il soggetto della commedia satirica di Dario Fo del 1981 Trombe e lamponi.
Agnelli fu nominato senatore a vita nel 1991 e si iscrisse al gruppo parlamentare indipendente; in seguito fu nominato membro della commissione difesa del Senato.
Nei primi anni 2000, Agnelli fece delle proposte alla General Motors che portarono ad un accordo in base al quale la General Motors divenne progressivamente coinvolta nella Fiat. La recente grave crisi della Fiat trovò Agnelli già in lotta contro il cancro, e poté partecipare poco a questi eventi.
Agnelli era anche strettamente legato alla Juventus, la più rinomata squadra di calcio italiana, di cui era tifoso e proprietario diretto. Le sue telefonate, ogni mattina alle 6, da ovunque si trovasse, qualunque cosa stesse facendo, al presidente del club Giampiero Boniperti, erano leggendarie.
Agnelli incontrò una serie di difficoltà con Mediobanca attraverso Cesare Romiti, che causò ad Agnelli profonda ansia. Mediobanca fece una politica di costante supervisione della Fiat a causa dei loro interessi finanziari nella società, diventando spesso significativamente coinvolta nelle decisioni esecutive e nelle questioni importanti. Vincenzo Maranghi, che in seguito divenne l’amministratore delegato della banca, alla fine sviluppò una stretta amicizia con Agnelli, nonostante le tensioni precedenti.
Nominato L’Avvocato perché laureato in legge (anche se non fu mai ammesso all’Ordine degli Avvocati), Agnelli fu la figura più importante dell’economia italiana, il simbolo del capitalismo per tutta la seconda metà del XX secolo, e considerato da molti il vero “Re d’Italia”. Uomo colto, di grande intelligenza e con un peculiare senso dell’umorismo, è stato forse l’italiano più famoso all’estero, stringendo profondi rapporti con banchieri e politici internazionali, in gran parte attraverso il Gruppo Bilderberg, alle cui conferenze partecipava regolarmente dal 1958. Alcuni degli altri frequentatori abituali del Bilderberg divennero amici intimi, tra cui Henry Kissinger. Un altro socio di lunga data fu David Rockefeller (ancora un altro habitué del Bilderberg), che lo nominò nel Comitato Consultivo Internazionale (IAC) della Chase Manhattan Bank, di cui Rockefeller era presidente; Agnelli sedette in questo comitato per trent’anni. Era anche membro di un consorzio con Rockefeller che per un certo periodo negli anni ’80 possedeva il Rockefeller Center.