I sei documenti di psicologia più interessanti del 2015

Ogni anno, gli psicologi pubblicano una quantità impressionante di ricerche – è impossibile leggerle tutte. Eppure, ho fatto un tentativo ed ecco i sei articoli che ho trovato più affascinanti.

“Estimating the Reproducibility of Psychological Science”, da Science

Questo articolo non è davvero uno studio; è il risultato di un importante movimento nel campo della psicologia. In uno sforzo chiamato Reproducibility Project, ricercatori di decine di università hanno collaborato per replicare un centinaio di studi di psicologia che sono stati inizialmente condotti nel 2008. Hanno finito per replicare tra un terzo e la metà degli studi.

Questo risultato è negativo o positivo? È inevitabile che gli studi non siano sempre replicabili – se ogni studio potesse essere replicato, allora ogni ricercatore avrebbe ragione la prima volta; anche i risultati legittimi possono rivelarsi fragili quando si cerca di ripeterli. Tuttavia, il documento conclude che c’è “spazio per il miglioramento” in psicologia, soprattutto quando si tratta di “pratiche culturali nella comunicazione scientifica”. In particolare, gli autori propongono che “i disegni di ricerca a bassa potenza combinati con il bias di pubblicazione che favorisce i risultati positivi producono una letteratura con dimensioni degli effetti distorte verso l’alto”

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In altre parole, il desiderio di novità spinge i ricercatori a sopravvalutare la conclusività del proprio lavoro. È uno sforzo affascinante e prezioso per assicurarsi che la psicologia vada avanti nel miglior modo possibile.

“What Works in Inpatient Traumatic Brain Injury Rehabilitation?”, da Archives of Physical Medicine and Rehabilitation

Finalmente, la lesione cerebrale traumatica, o T.B.I., sta diventando un argomento di conversazione. È un problema enorme: nel 2010, si stima che due milioni e mezzo di persone negli Stati Uniti abbiano subito una lesione di questo tipo, e tra 3,1 e 5,3 milioni vivono con una disabilità a lungo termine, o addirittura permanente, dovuta ai suoi effetti. Eppure, fino a poco tempo fa, il T.B.I. è stato poco studiato. Questo numero di Archives of Physical Medicine and Rehabilitation è interamente dedicato all’argomento, esaminando attentamente le prove esistenti riguardanti gli effetti delle lesioni cerebrali traumatiche e i possibili trattamenti futuri.

Alcuni dei risultati sono sorprendenti: se sei donna o asiatica, hai meno probabilità di ricevere un farmaco psicotropo, indipendentemente dalle prove della sua applicabilità. Alcuni sono scoraggianti: si scopre che non abbiamo davvero un buon senso di ciò che funziona per trattare queste lesioni, e un approccio da cucina rimane la norma. A questo punto, il miglior predittore dell’esito finale sembra essere la gravità della lesione, piuttosto che qualsiasi trattamento particolare che si potrebbe ricevere. Ma alcune prove sono promettenti. La terapia riabilitativa, specialmente quella che richiede un’attività fisica o mentale impegnativa, sembra aiutare i pazienti a recuperare le funzioni.

“Best Friends and Better Coping: Facilitating Psychological Resilience Through Boys’ and Girls’ Closest Friendships”, dal British Journal of Psychology

Questo studio dimostra che anche una singola amicizia stretta è preziosa nel proteggere i bambini – anche i più vulnerabili – contro molteplici fattori di rischio psicologico. Non è un’idea nuova, ma la ricerca è un importante passo avanti empirico.

“Nonpharmacological Treatments of Insomnia for Long-Term Painful Conditions”, da Sleep

Terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia! Come ho scritto prima, è difficile rompere il ciclo dell’insonnia. Questo studio offre la prova di una possibilità terapeutica. Coinvolge elementi di un approccio terapeutico tradizionale, tra cui “psicoeducazione, igiene del sonno, controllo degli stimoli, restrizione del sonno, terapia cognitiva e rilassamento”. Alcuni interventi consistevano solo in una serie di tre telefonate, tra i sessanta e i novanta minuti, nel corso di sessanta giorni, mentre altri erano intensivi come sessioni settimanali di due ore per sette settimane. I metodi sembrano inizialmente promettenti sia per la qualità del sonno che per la fatica, ma solo se somministrati faccia a faccia, non al telefono o su Internet. L’effetto non è enorme, ma l’insonnia è un problema crescente, e ogni possibile cura è importante da notare.

“A Mechanistic Link Between Olfaction and Autism Spectrum Disorder,” in Current Biology

L’autismo è difficile da studiare, diagnosticare e individuare. Questo studio offre una nuova possibilità: un modo per utilizzare l’olfatto come un marcatore più oggettivo del potenziale disturbo. La connessione offre anche intuizioni su alcuni dei meccanismi alla base dell’autismo.

“Fibroblast Growth Factor 9 Is a Novel Modulator of Negative Affect”, da PNAS

La depressione è notoriamente difficile da gestire farmacologicamente. Non sappiamo ancora come funzionano le S.S.R.I., per esempio, o addirittura se funzionano del tutto. Questo documento offre un obiettivo precedentemente non sperimentato per il trattamento: FGF9, una neurotrofina (un tipo di proteina) che sembra giocare un ruolo chiave nella regolazione dello sviluppo embrionale e della differenziazione cellulare e sembra anche essere importante nella regolazione del nostro stato emotivo. Nelle persone con depressione grave, sembra essere upregolato, o espresso ad una concentrazione troppo alta. Negli animali che sperimentano lo stress cronico della sconfitta sociale, l’espressione di FGF9 nell’ippocampo (la parte del nostro cervello coinvolta nella formazione della memoria, che sembra anche essere strettamente collegata alla depressione) aumenta, mentre un fattore di crescita correlato, FGF2, che è legato a livelli più bassi di depressione, diminuisce. Potrebbe rivelarsi un vicolo cieco, naturalmente, ma almeno offre una nuova speranza in un paesaggio altrimenti difficile.

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